sabato 16 febbraio 2008

SOCIETE’ GENERALE, LONE STAR………. IL DIFETTO STA NEL MANICO

Se, al di là di implicazioni giudiziarie (frodi) ed organizzative (controlli interni poco efficienti), il difetto stia nel manico, ossia nei metodi, nelle tecniche, nelle procedure e nelle prassi per valutare il rischio finanziario e, quindi, contenerlo? Occorre chiederselo in seguito alle vicende della Sociètè Générale, nonché di quelle (per molti aspetti analoghe ma meno note in Europa) che hanno portato ad una maxi-condanna , a Seul, di Paul Yoo (amministratore delegato della filiale coreane di Lone Star, uno dei maggiori fondi internazionali di private equity). Oltre che di alcune caratteristiche della crisi subprime.

Jérôme Kerviel e Paul Yoo hanno un tratto comune (nonostante le differenze di età e di continente): un addestramento molto matematico nell’approccio al rischio – il CAPM (Capital Asset Pricing Model) nelle versioni tecniche più raffinate era il loro cibo quotidiano, croce e delizia del loro lavoro. Avevano, però, poca dimestichezza con gli assunti teorici del CAPM e dei suoi limiti: un tratto condiviso con migliaia di operatori che utilizzano il CAPM ogni giorno. Inoltre, né l’uno né l’altro andavano mai in ferie (comportamento normale in Corea ma quanto mai insolito in Francia dove vige addirittura una mistica delle vacanze) . Kerviel agganciato al suo computer , You non solo al suo ed impartendo istruzioni a quelli dei suoi collaboratori erano certi di minimizzare il rischio finanziario (sino quasi ad azzerarlo) grazie alla strumentazione di cui avevano intima conoscenza. E di meritarsi premi di produzione molto consisenti. Per Kerviel (che ha chiesto un bonus di 600.000 euro a fine 2007) 50 miliardi di euro di “put” e 49 di “call” volevano dire un rischio quasi impercettibile a ragione della bassa probabilità che tutti i controlli della Soc-Gén saltassero simultaneamente proprio nei rari minuti (a suo parere) di debolezza del marchingegno.

IL CAPM ha limiti noti agli studiosi (principalmente le ipotesi che gli operatori hanno una modesta propensioni al rischio e un dominio perfetto di tutte le informazioni necessarie a valutare un titolo). Negli ultimi anni, il rischio è cresciuto; spesso si opera in condizioni di incertezza (cambia l’intero quadro; non si possono utilizzare tecniche di minimizzazione del rischio basate sul calcolo delle probabilità) Un’analisi ancora inedita della Università dell’Ontario Occidentale mostra sulla base di panieri analoghi a quelli dello Standard & Poor 500 e del Russell Index 1000 che le variazioni di liquidità (vengono impiegate tre misure differenti della liquidità) incidono molto sul rischio – negli ultimi mesi si è passati, nel settore bancario, da abbondanza di liquidità a credit crunch. Uno studio dell’Università di Lipsia sottolinea i rischi associati al “vagabondare della liquidità” (altro fenomeno di questi mesi – si pensi a fondi sovrani, a mercati emergenti; essi non vengono colti nelle tecniche derivanti dal CAPM. Sulla base dello Standard & Poor 500 per la valutazione delle “options”, l’Istituto Svizzero di Studi Finanziari ha appena proposto un nuovo metodo per valutare “put” e “call” (ciò che facevano Kerviel e Yoo) sulla base, oltre che parametrica (come nel CAPM), anche di misure quantitative delle innovazioni. Su linee simili si muovono analisi del servizio studi della Federal Reserve.

Pure se questi argomenti sono in parte trattati nel “North Holland Handbook of Finance” pubblicato nel 2006 (uno dei manuali più aggiornati in materia), si tratta di metodi allo stadio di discussione scientifica, non distillati in tecniche e procedure e, quindi, poco, ove non pochissimo, diffusi tra gli operatori.

Per fare attenzione a non inciampare, occorre, dunque, riprendere in mano i testi sui limiti del CAPM (e di tecniche e prassi su di esso basate) e tenere presente che dalla fine degli Anni 90 i progressi sono stati rapidissimi. Il CAPM, ricordiamolo, è stato formulato alla fine degli Anni 60 e testato empiricamente all’inizio degli Anni 70. L’anagrafe (e l’invecchiamento) esistono anche per i modelli. Non è il caso di aprire un dibattito, su Libero Mercato, nella professione?

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