martedì 5 febbraio 2008

OEDIPUS REX

Igor Stravinskij
ROMA- AUDITORIUM DI VIA DELLA CONCILIAZIONE
OEDIPUS REX


Nella cultura francese il 1927 è ricordato come l’anno il cui il genio profilico e multiforme di Jean Cocteau (scrittore, poeta, pittore e regista di film di rottura) vide la prima di tre opere , su suoi libretti, messe in musica tra tre dei più noti musicisti dell’epoca ed accolte dalla critica e dal pubblico con strepitoso successo: “Oedipus Rex” di Igor Stravinskij al Teatro Sarah Bernard di Parigi, “Le Pauvre Matelot” di Darius Milhaud al Palais Garnier (ossia all’Opéra vera e propria) e “Antigone” di Arthur Honneger al Teatro de la Monnaie a Bruxelles. Delle tre, le seconde due sono opere vere e proprie, strutturate in tre atti e di un durata (peraltro non lunga) tale da occupare un’intera serata. La terza è di fatto sparita dalle scene (salvo qualche rara ripresa in teatri che danno enfasi alla musica di quel periodo, come l’Opéra di Marsiglia). La prima e la seconda (purtroppo raramente rappresentata e di cui è difficile trovare incisioni) sono tra i capolavori del teatro in musica del “Novecento storico” (il secolo appena trascorso ma già storicizzato sotto il profilo musicale). Sono differentissime, anche se ambedue articolate su due “gialli noir” – uno contemporaneo ed uno che si perde nella notte dei tempi che avvolge i miti. Il “Matelot” è ispirato alle ballate marinare ed alla tradizione dei “complaintes”. “Oedipus” è un oratorio in due atti (della durata complessiva di meno di un’ora) in lingua latina in 12 numeri collegati da un narratore (che recita, in smoking, nella lingua del Paese in cui l’opera viene, di volta in volta, messa in scena).
Di “Oedipus Rex” ricordiamo, nella capitale, un’ottima esecuzione all’Accademia di Santa Cecilia alcuni anni fa ed una all’Opera di Roma nel 2005 (in tandem con il balletto “L’uccello di fuoco” , che già lo accompagnò la serata inaugurale il 30 maggio 1927) in un allestimento di lusso (regia di Luigi Squarzina, scene e costumi di Giacomo Manzù, concertazione di Zoltan Plesko , protagonisti specializzati nei vari ruoli). E’ ora in versione scenica a cura dell’Orchestra Sinfonica di Roma- un’istituzione sostenuta dalla Cassa di Risparmio della capitale e che grazie ad una politica di bassi prezzi dei biglietti porta un pubblico giovane alla grande musica.
Stravinskij (1882-1971) è uno dei giganti del “Novecento storico”. “Oedipus” è una delle sue otto opere , di cui solamente “The Rake’s Progress” (commissionata da La Fenice) ha la durata “normale” di un dramma in musica; in un’altra, nessuno canta; in due altre, la danza è più importante della voce e l’ultima venne concepita per la televisione (con un intervallo per la pubblicità). Si va da lavori ispirati a leggende russe ed a musica russa (Rimisky-Korsakov era stato il suo maestro) alla musica elettronica e dodecafonica dell’opera per la televisione. Nella vita e nell’opera di Stravinskij, l’Italia ha avuto un ruolo importante; nonostante il compositore abbia vissuto principalmente in Francia e negli Usa, Stravinskij ha chiesto di essere sepolto in suolo italiano e riposa all’isola di San Michele nell’arcipelago veneziano.
“Oedipus Rex” viene considerata come l’epicentro del periodo “neo-classico” di Stravinskij: la lingua latina, la struttura a numeri chiusi, la severità stessa del lessico musicale militano per questa interpretazione. C’è, però, anche una lettura differente. Meno nota e meno consueta. Quella fattane da Leonard Bernstein in una serie di conferenze (ed esecuzioni) tenute nel 1973. Secondo questa lettura, “Oedipus” (riduzione fedele della tragedia di Sofocle) avrebbe un’ispirazione verdiana , e, come tale, sarebbe un omaggio di Stravinskij al grande compositore italiano il cui melodramma appare, ad un ascoltare superficiale, agli antipodi stessi della sua poetica. “Il primo numero, l’implorazione dei tebani, rievoca la supplica di “Aida”, l’aria dell’”invidia” è ancora una volta una serie di battute di “Aida” rovesciate” - dice Bernstein. Lo stesso Stravinskij in un’intervista a Buenos Aires nel 1936 scioccò un giornalista affermando : “Non sarò mai tanto grande da potere comporre il delizioso brindisi de ”. Ed ancora, in una conferenza ad Amburgo negli Anni 30, disse: “se fossi stato Nietzsche avrei contrapposto a Wagner non ma ”. Secondo questa lettura, “Oedipus” è la prosecuzione di quella discesa negli anfratti più scuri dell’uomo che Verdi aveva fatto in “Otello”.
Ricordiamo questi riferimenti, presi all’autobiografia di Bernstein e raramente accennati nei programmi di sala (neanche nel saggio scritto da Tommaso Manera per le rappresentazioni all’Auditorium di Via della Conciliazione a Roma), perché la direzione musicale di Francesco La Vecchia ha dato un’impostazione verdiana al lavoro: grande enfasi sul ritmo (a tratti eccessiva nell’accento sugli strumenti a percussione), tempi stringati, accento passionale (nella scena ed aria di Giocasta). E’ una lettura legittima (e che forse sarebbe piaciuta a Stravinskij) anche se piuttosto distante da quelle (marcatamente ieratiche o monumentali) a cui ci siamo abituati. Efficaci l’allestimento scenico di Salvatore Liitro e la regia di Otello Camponeschi: siamo in una Tebe stilizzata dove il bianco dei costumi (ed il nero del fondale) hanno echi del visivo degli Anni Trenta (De Chirico, ad esempio) ma al tempo stesso situano la tragedia in un’elegante cornice regale.
Il coro è il vero protagonista musicale sotto il profilo vocale. L’ensemble “Luca Marenzio” diretto da Martino Faggiani fa veri e propri miracoli con la impervia (e faticosa) scrittura. Tra i solisti primeggiano i due duetoragonisti: Edipo e Giocasta. John Hulenhoop aveva impersonato il medesimo ruolo al Teatro dell’Opera tre anni fa; è un “tenore eroico” di grande potenza vocale che affronta senza difficoltà un ruolo vocale interamente articolato sul registro di centro (come in molti ruoli wagneriani). Mariana Pentcheva conferma di essere uno dei migliori mezzo-soprani su piazza; in linea con la lettura “verdiana” della partitura, la sua è una Giocasta passionale ed anche sensuale, con cenni di coloratura e discese smaglianti vero le tonalità gravi. Di tutti gli altri particolarmente efficace Mario Alves che nel ruolo del Pastore ha il difficile compito di reggere l’ultimo lungo numero dell’opera.
Molti applausi da parte di un pubblico che riempiva ogni ordine di posti, nonché più uso al Settecento ed all’Ottocento che al “Novecento Storico”.

Roma , Auditorium di Via della Conciliazione 3 febbraio 2008

Giuseppe Pennisi


LA LOCANDINAI. STRAVINSKIJOedipus rex
Opera-oratorio in due atti
Testo di Igor Stravinskij e Jean Cocteau (traduzione in latino di Jean Daniélou)
Regia: Otello Camponeschi
Scene: Salvatore Liistro
Costumi: Fabrizio Onali
JOHN UHLENHOPP, Edipo MARIANA PENTCHEVA, Giocasta ALESSANDRO GUERZONI, Creonte PETRI LINDROOS, Tiresia MARIO ALVES, Pastore EUGENIO MARINELLI, Narratore
Coro “Luca Marenzio” diretto da Martino Faggiani Direzione Musicale FRANCESCO LA VECCHIA
ORCHESTRA SINFONICA DI ROMA

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