sabato 23 febbraio 2008

CARDIA ED I SENATARI DEI CDA

I Senatori preoccupano Lamberto Cardia. Non si tratta del Senato con cui mediava con abilità ed eleganza nelle suo numerose incarnazioni ministeriali nella veste di Capo di Gabinetto (cruciale quella circa venti anni fa quando era al fianco di Amintore Fanfani al Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica) . Ma del “Senato della Borsa” quale definito in un saggio ancora inedito, ma la cui versione preliminare è stata vista sulla sua scrivania dai topi di biblioteca di Ex Libris. E’ un’analisi della composizione dei CdA delle aziende italiane quotate nel periodo 1998-2006; ne sono autori un funzionario della Commissione Europea e due professori nelle Università di Cambridge, Regno Unito, e di Napoli (la Federico II): lo studio mostra che un numero molto limitato di persone (per lo più di genere maschile) siede nei principali CdA, che le nomine incrociate sono la prassi e che il ricambio avviene principalmente quando qualche “Senatore della Borsa” è chiamato all’altro mondo. Il livello più alto di “connettività” (è questo il termine tecnico) sia ha nelle s.p.a. del Mib30 e dello S&P-Mib 40- ossia le Blue Chips. Ciò “solleva dubbi sul loro comportamento competitivo”. Questa conclusione lascerebbe il tempo che trova ove si trattasse delle i una ricerca effettuata unicamente da professorini. Ma la presenza, nella squadra, di un esperto della DG Mercato Interno della Commissione Europea può essere foriera di avvertimenti. Da anticipare e precedere.
Altro elemento che merita attenzione (specialmente in questa fase in cui il riassetto delle authority è stato in pratica accantonato) è lo svilupparsi in Europa di quel mercato secondario dei titoli che, di fatto, sfugge alla regolazione . Un lavoro della Università Pompeu Fabra di Barcellona (Nber Working Paper N. 13559) documenta come la debolezza delle istituzioni di regolazione e vigilanza (specialmente sotto il profilo della capacità di fare applicare le regole) è causa di inefficienza; lo studio sostiene (con analisi sia teoriche sia empiriche) che i mercati secondari sono, per così dire, una benedizione in maschera in quanto contribuiscono a restaurare l’efficienza. Tesi pericolosa perché indebolisce le richieste dirette a rendere più forti le authority . Soprattutto in una fase in cui i mercati dei titoli sono alle prese con nuovi protagonisti come il private equity, di cui nell’ultimo numero del Journal of Corporate Finance un saggio di docenti della London Business School chiede se non sia doveroso aumentare la trasparenza. Aumentando potestà e risorse delle autorità di regolazione e vigilanza sulle Borse.

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