mercoledì 9 gennaio 2008

M & A: MENO SAPORITO MA OTTIMO E ABBONDANTE

Il credit crunch che dagli Usa sta contagiando mercati europei (e non solo). Ha fatto diventare merce rara le grandi fusioni ed acquisizioni affettuate dai fondi di private equity. Secondo le previsioni che vanno per la maggiore, nel 2008 la riduzione del contrbiuto dei fondi chiusi all’attività di M & A potrà essere più che compensato dall’intervento di fondi sovrani (di Cina, Paesi Opec, Russia). Tuttavia, le aspettative sono per un ritornando alle fusioni classiche in cui sono le aziende e non i fondi ad acquistare. Operazioni spiazzate, negli ultimi anni, da quelle sotto l’egida del private equity
Le statistiche di Dealogic sono comunque rassicuranti. Nonostante la crisi del credito, nel 2007 non ci sono segni di flessione di fusioni ed acquisizioni. Nel secondo trimestre del 2007, proprio mentre i mercati Usa cominciavano ad essere colpiti dalla tempesta del subprime, le operazioni di M & A hanno toccato un record mondiale. Ma cosa ancora più signicatia, nei trimestri successivi hanno mantenuto livelli superiori a quelli degli stessi periodi nel 2005 e del 2006. E’ vero che è diminuita la percentuale di buy-outs effettuati dai fondi di private equity e che, secondo un’analisi del servizio studi della Deutsche Bank, proprio essi hanno rappresentato il sale dei listini azionari nei momenti di maggiore euforia. Del resto è stato stimato che un aumento degli investimenti in private equity pari allo 0,1% del pil è associato ad un incremento della crescita economica reale stimabile tra 0,2% e 0,8% sempre del pil.
Ma ciò non vuol dire che una riduzione della ruolo del private nell’M & A abbia effetti negativi sulla qualità delle operazioni in termini di governance aziendale, efficienza, produttività e competitiva.
Uno studio empirico della Università di Houston esamina operazioni di M & A attuate negli Usa da 364 imprese con casa madre all’estero (quindi, tecnicamente straniere) ma quotate sul mercato americano nel 1990-2004, un periodo dominato da acquirenti M & A ed in cui il private equity è intervenuto in misura consistente solamente nell’ultimo lustro. Ebbene, l’analisi pone l’accento sugli aspetti positivi che emergono da un esame aggregato delle 364 operazioni: riduzione del peso dell’azionista di riferimento, più forti meccanismi di governance, maggiori su opzioni di crescita (ricavate da una gamma di indicatori aziendali) , diversificazione dei rischi finanziari. E le conclusioni sono incoraggianti. La morale è che si possono continuare a fare M & A di qualità, anche se se il sale del private equity è meno abbondante del recente passato.

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