lunedì 3 dicembre 2007

PAGHEREMO CARA LA DEBOLEZZA DI PRODI

Venerdì 30 novembre l’Eurostat ha confermato quanto le famiglie sanno da tempo: i prezzi aumentano nell’intera area dell’euro ad un saggio più sostenuto (il 3% l’anno) del 2% l’anno considerato come tetto da non superare dalla Banca centrale europea (Bce). In Germania viaggiano al 3,3% l’anno. Ad un tasso appena minore in Francia. Questi dati sottostimano il morso: uno studio di Hans Wolfgang Brachinger, professore di statistica all’Università di Friburgo in Svizzera (distinto e distante da noi e dal resto dell’area dell’euro), conclude che con un paniere che meglio rispecchi le spese delle famiglie, il tasso di aumento dei prezzi in Germania viaggia sul 7,5% (e si tira dietro quelli di altri Paesi). Conferma le preoccupazioni della associazioni dei consumatori sul balzo dei prezzi alimentari in corso e sull’impennata delle bollette prevista in gennaio.
Il fenomeno, e la sua associazione con una fase di bassa crescita, era stato previsto (anche nella sua tempistica : ultimi anni della prima decade del terzo millennio) con precisione da numerosi economisti nella seconda metà degli Anni Novanta. Era stato anticipato in dimensioni meno contenute in quanto non si metteva in conto la crescita dell’economia reale dell’Asia (con le sue implicazioni sui corsi dei prodotti di base). Analisi di Martin Feldstein, per lustri Presidente del National Bureau of Economic Research Usa, indicavano nelle politiche effettive per arrivare all’euro (aumenti delle tasse, ma riduzioni limitate della spesa e poche liberalizzazioni) la determinante di incrementi latenti di prezzi che, come una pentola con acqua in ebollizione, avrebbero a dieci anni dalla creazione dell’euro, fatto saltare il coperchio. E’ poco elegante citare sé stessi: in un articolo sulla “Rivista di Politica Economica” del 1999 concludevo che o si cambiava comportamenti o con la moneta unica si sarebbe andati verso la stagflazione (prezzi alti e crescita piatta): l’aumento della pressione fiscale (sette punti del pil) per equilibrare i conti ed essere ammessi nel club dell’euro era, già allora, un pessimo segnale. Venimmo tacciati di “euroscetticismo”, se non peggio.
Inutile piangere sul latte versato. Cosa fare adesso? A livello europeo, giovedì prossimo la Bce dovrebbe dare un calcio alle proprie regole che le impongono di aumentare i tassi di riferimento (proprio mentre l’Eurolibor – il tasso a cui le banche si prestano soldi tra loro- è passato dal 4,26% al 4,81% nel giro di poche ore). A livello italiano, si dovrebbe riscrivere la finanziaria (andando, se necessario, a esercizio provvisorio) per ridurre spese e tasse ed accompagnarle dal vigoroso programma di liberalizzazioni (mai attuato anche se promesso proprio da Prodi nell’estate 1996). L’unica alternativa è fare stringere ulteriormente la cinta alla famiglie.

Nessun commento: