sabato 20 ottobre 2007

MARINI MEDITA SU COME CAMBIARE LA POLITICA

Ormai saldo in sella alla seconda carica dello Stato, Franco Marini è lontano dalla politica politicante e vuole concludere la propria carriera dando un contributo alto alla riforma della Politica con la “P” maiuscola. Non lo sfiorano più di tanto i pamphlet su casta o caste, ma, con il supporto del servizio studi del Senato, sta affrontando letture molte serie . In primo luogo, un’analisi delle Università di California a Berkeley, della Università Brown a Rhodes Island e della Northwestern University di Chicago (“Political Dynasties" “Dinastie politiche”, NBER Working Paper No. W13122) gli sottolinea come il fenomeno non sia soltanto italiano: ricostruendo la composizione del Congresso Usa dalla sua creazione nel 1789 si ricava che anche nel Paese considerato modello di democrazia sin dai tempi di Tocqueville esistono “dinastie” , più pervicaci dunque delle caste, nei seggi più alti del Legislativo e dell’Esecutivo. In secondo luogo, uno studio di Bruno Frey (il liberal-liberista per eccellenza dell’Università di Zurigo) –“ Overprotected Politicians" (“Politici iperprotetti)” Zurich IEER Working Paper No. 321- lo convince che l’antipolitica è alimentata dall’eccessiva protezione di cui godono i politici. Frey modellizza i costi dell’omicidio di un politico utilizzando tecniche aggiornate di analisi economica: differiscono significativamente a seconda che il punto di vista sia pubblico o privato. Il politico attribuisce un costo molto elevato (ove non infinito) alla propria sopravvivenza, mentre il costo sociale è, in effetti, molto più basso perché i politici sono sostituibili (con le elezioni). Di converso, il costo privato per la sicurezza dei politici è basso per i politici medesimi ma elevatissimo per la collettività (soprattutto se si tiene conto dei fastidi che impone ai cittadini). Benché svizzero, Frey è stato consigliere ascoltato di vari Ministri dell’Interno italiani ; quindi, il suo ultimo saggio merita di essere meditato. Ed integrato da letture sulla valutazione dell’incertezza, disponibili nella Biblioteca del Senato, ora ricche anche di contributi di autori italiani.
Una riforma della Politica – si chiede Marini – potrà contribuire a risolvere il problema centrale dell’Italia – quello della crescita? Una risposta è in dotto lavoro di Philippe Aghion, Alberto Alesina, Francesco Trebbi “Democracy, Technology, and Growth" (Democrazia, tecnologia e crescita) NBER Working Paper No. W13180. Lo studio contiene una parte teorica sugli effetti positive della democrazia , e della Buona Politica; sulla crescita della produttività in vari settori principalmente in quanto grimaldello per l’apertura dei mercati e per la competizione. La seconda parte è una dimostrazione empirica del modello.
Tuttavia un saggio – di Lorenz Blume, Jens Mueller, Stefan Voigt, e Carlsten Wolf (“The Economic Effects of Constitutions”, “Gli effetti economici delle Costituzioni” CESifo Working Paper Series No. 2017) – gli ricorda quali devono essere i contenuti della riforma: sulla base di un’analisi comparata di 116 Paesi, lo studio che i sistemi presidenziali (o semi-presidenziali) e meccanismi elettorali maggioritari facilitano sulla Buona Politica, specialmente se la mano dei partiti si tiene lontana dalla scelta dei candidati nei vari collegi. In caso contrario – avverte Massimo Bordignon della Cattolica nello studio “Exit and Voice: Yardstick versus Fiscal Competition across
Governments" (“Uscita e voce: misure per la competizione fiscale tra Governi -CESifo Working Paper Series No. 2069) c’è il rischio di una vera e propria secessione – di fatto anche ove se non di diritto.
Marini torna, pensoso, alle sue cure a Palazzo Madama.

Ex Libris

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