lunedì 15 ottobre 2007

Il governo mette mano al Protocollo ma i sindacati non ci stanno

La vittoria di Walter Veltroni alle “primarie” del Partito Democratico rischia di essere amara per Romano Prodi non solamente per ragioni squisitamente politiche (quali quelle inerenti ad una doppia leadership nell’ambito di una litigiosa maggioranza composta da un numero imprecisato di partiti) ma anche in quanto avviene proprio nei giorni in cui il Professore sta per perdere quei sindacati confederali (un tempo chiamati “la triplice”) che hanno costituito l’architrave e della bolognese “fabbrica del programma” nel 1999-2001 e della sua risicata vittoria elettorale.
Il “tavolo della concertazione” è stato convocato per oggi stesso. I sindacati (e parte della maggioranza) sono in rivolta nei confronti del disegno di legge approvato venerdì 12 ottobre (Columbus Day, un invito implicito a Prodi ad imbarcarsi su una caravella e veleggiare verso altri lidi) e, guidati dalla Cgil, contestano che, nonostante gli esiti del referendum del 9-10 ottobre, il ddl travisi (in omaggio alla sinistra radical-reazionaria) il Protocollo sul Welfare faticosamente approvato il 23 luglio scorso. Prodi ammette che qualche ritocco è stato fatto ma minimizza sulla portata delle modifiche.
L’Occidentale ha commentato il Protocollo a suo tempo, soffermandosi, in particolare, sulla parte più significativa (quella relativa alla previdenza – vedi L’Occidentale del 20 luglio 2007). Non intendo tornare sulle critiche formulate all’epoca (ossia che il Protocollo non tutela i più poveri ma individui e famiglie a reddito medio bassi e pone i costi delle provvidenze sui giovani). Per contribuire a dipanare la complicata matassa, però, è utile esaminare in che misura il ddl si distanzia dal Protocollo e quali ne sono le prevedibili implicazioni.
In primo luogo, in tema di previdenza le innovazioni del ddl (rispetto al Protocollo) maggiormente criticate dalle parti sociali sono le seguenti: i) l’eliminazione della soglia del 60% dell’ultima retribuzione che sarebbe stata garantita integrando con la mano pubblica l’assegno previdenziale di vecchiaia calcolato con il metodo contributivo; ii) l’ampliamento dei lavori da considerare usuranti per avere titolo a pensioni di anzianità; iii) il rinvio della riorganizzazione degli enti previdenziali (che sarebbe dovuto essere fonte parziale di finanziamento dell’abolizione del cosiddetto “scalone” con cui la riforma del 2004 posponeva l’età minima per la pensione di anzianità). In effetti, nonostante quanto scritto anche da economisti vicini all’attuale opposizione (ma poco esperti in sistemi previdenziali comparati), la soglia alle pensioni di vecchiaia (il cui livello – se 60% dell’ultima retribuzione o meno – può, anzi deve, essere discusso) non rappresenta la messa in questione delle fondamenta stesse del sistema contributivo, ma è prevista in gran parte dei sistemi contributivi in vigore, come dimostrato dalla monumentale rassegna (700 pagine a stampa fitta) fattane da Robert Holzmann e Edward Palmer. Il sistema contributivo viene sbrindellato molto più dall’allargamento delle causali per pensioni di anzianità tramite la più ampia definizioni di lavori usuranti, nonché dal marchingegno per mantenere ancora ad età relativamente giovane. Ciò è socialmente “unfair”, ingiusto, come afferma il più recente studio internazionale in materia (effettuato dall’Università di Costanza – distinta e distante dalle nostre beghe casalinghe – e da quelle del sinedrio dell’Unione). Oltre a porre oneri sulle generazioni future (lo ribadisce un’analisi della George Washington University fresca di stampa), rende l’intero sistema di sicurezza sociale più fragile e più esposto ai venti del processo di integrazione economica internazionale (lo sostiene la International Social Security Review, nel cui consiglio scientifico siedono sindacalisti di rango). In breve, il sistema previdenziale contributivo costruito nel 1995 con l’apporto della triplice esce maciullato dal ddl più di quanto non lo fosse dal Protocollo. Ciò dovrebbe porre seri problemi al Sen. Lamberto Dini ed alla sua nuova formazione politica. Ciò ne pone, senza dubbio, alla “triplice”. Che ha protestato. Nel silenzio assordante di Dini & Co.
In secondo luogo, in materia di mercato del lavoro, il collaboratore più stretto di Marco Biagi , Michele Tiraboschi, ha precisato su un quotidiano economico a diffusione nazionale come il ddl ci allontani dall’evoluzione della normativa nel resto dell’Ue. Sono riflessioni non solo da condividere in pieno ma a cui aggiungere alcuni spunti economici. Innanzitutto, non solo i quattro milioni di lavoratori al nero (frutto di rigidità che il ddl re-introduce nei contratti a termine e nel tempo parziale e con la eliminazione dello staff leasing ), inizialmente stimati, per l’Italia, da Dreher e Schneider in uno studio comparato di 70 Paesi e ricordati da Tiraboschi, minacciano di diventare un elemento importante di corruzione del sistema produttivo e politico (secondo la tesi originaria di Dreher e Schneider) : lo sanno sia la “triplice” sia “l’Italia dei Valori” (i cui parlamentari cominciano a nutrire perplessità sul ddl). L’aumento delle rigidità normativa si inserisce, poi, in un contesto che, secondo un’analisi ancora a diffusione limitata del servizio studi della Banca centrale europea, è dominato da forte rigidità salariale: l’analisi riguarda 19 Paesi Ocse , utilizza un metodo statistico innovativo e mostra i nessi tra rigidità normativa e salariale da un lato e bassi tassi di attività, dall’altro. Un’analisi distinta, anche se parallela, della Banca centrale spagnola (relativa a Belgio Germania, Francia, Italia, Portogallo e Spagna), mostra come tale rigidità normativa e salariale si rifletta in rigidità sui prezzi e, dunque, in pressioni inflazionistiche. Le parti sociali ne sono consapevoli. E non lo gradiscono.
Infine, l’ultima chicca riguarda la politica per la famiglia: in un provvedimento solo formalmente parallelo ma intrinsecamente connesso al futuro del welfare, il Governo ha tagliato drasticamente i finanziamenti agli asili nido. Proprio quando dall’Europa – si veda il volume di Barea, Carenzi e Cesana per conto dell’European Institute of Public Administration – giungono inviti a superare la crisi dello stato sociale puntando su corpi intermedi – in primo luogo la famiglia.
Riferimenti

Auerbach A., Lee R. "Notional Defined Contribution Pension Systems in a Stochastic Context: Design and Stability" NBER Working Paper No. W12805
Barea M. , Carenzi A., Cesana A. Il welfare in Europa: i principali fattori di una crisi, Società Editrice Fiorentina , Firenze 2005
Buchanam N. What Do We Owe Future Generations? Framing the Issues, with an Application to Budget Policy" GWU Law School Public Law Research Paper No. 351 GWU Legal Studies Research Paper No. 351
Breyer F. , Hupfeld S. On the Fairness of Early Retirement Provisions". CESifo Working Paper Series No. 2078
Conde Ruiz I., Profeta P. "The Redistributive Design of Social Security Systems" Economic Journal, Vol. 117, No. 520, pp. 686-712, April 2007
Dreher A., Schneider F. “Corruption and the Shadow Economy: An Empirical Analysis"" Paper ID: IZA Discussion Paper No. 1936 Date: January 2006
Holden S. , Wulfsberg F. "Downward Nominal Wage Rigidity in the OECD" ECB Working Paper No. 777
Kannan P.K. "Social Security in a Globalizing World" International Social Security Review, Vol. 60, No. 2-3, pp.19-37, April-September 2007
Holzmann R, Palmer R. Pension Reform:Issues and Prospects for Non-Financial Defined Contribution , NDC, Schemes The World Bank, Washington D.C. 2005
Tiraboschi M. Misure che ci allontanano dall’Europa Il Sole-24 Ore, 14 ottobre 2007 p. 3
Vermueulen Ph., Dias D., Dossche M., Gautiers E., Hernando I., Sabbatini R., Stahl H. „Price Setting in the Euro Area: Some Stylised Facts from Individual Producer Price Data" Banco de España Research Paper No. WP-0703

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