venerdì 19 ottobre 2007

Al G7 di Washington l'Italia è spaccata in due da l'Occidentale del 19 ottobre

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Le mura dei Ministeri – si dice – hanno orecchie e bocche. Parlano pure. Data la materia di cui trattano quelle del Palazzone umbertino di Via Venti Settembre (oggi sede del Ministero dell’Economia e delle Finanze) bisbigliano e mormorano (a bassa voce). Nei giorni in cui il loro titolare Tommaso Padoa-Schioppa (TPS, per gli amici e per la stampa) faceva le valigie per andare al G7 in programma a Washington il 19 ottobre (alla vigilia dell’Assemblea Annuale del Fondo monetario internazionale, Fmi, e della Banca mondiale, Bm) bisbigliavano e mormoravano di antichi dissapori. Circa un quarto di secolo fa, l’allora professorino Mario Draghi, nella veste di consigliere economico dei Ministri Beniamino Andreatta (prima) e Giovanni Goria (poi), batteva su una Olivetti meccanica appunti di fuoco anti- Bankitalia (i cui numeri avrebbero posto in difficoltà quello che allora era il Ministero del Tesoro). Gli appunti erano spesso conditi da conversazioni telefoniche animate (chiamiamole così!) le cui eco arrivavano, traversando le mura, nei lunghi (e tristi) corridoi, di cui l’ala che allora ospitava il Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica era stata da poco ri-imbiancata (intervento provvidenziale del Prof. Paolo Savona, durante il suo mandato nella veste di Segretario Generale alla Programmazione).
A Via Nazionale , l’interlocutore degli scambi non proprio di amorosi sensi era spesso un TPS, appena rientrato da un periodo in servizio alla Commissione Europea di Bruxelles.
Per le mormoranti mura di Via Venti Settembre, le parti si sono invertite – chi era nel Palazzone umbertino adesso è a Via Nazionale e viceversa – ma la conversazione animata iniziata un quarto di secolo fa continua. Un pò come “Il duello” del racconto di Richard Matheson immortalato nel film di Steven Spielberg del lontano 1971. Una puntata si è appena avuta la settimana scorsa, Mario Draghi, ora non più “professorino” ma Governatore della Banca d’Italia, ha fatto un po’ a pezzi, in Parlamento, il disegno di legge finanziaria – e la Relazione previsionale e programmatica , Rpp- presentati da TPS, non più reduce dalle brume di Bruxelles negli uffici ai piani alti di Via Nazionale ma Ministro dell’Economia e delle Finanze. Come ama ricordare VVV (Viceministro Vincenzo Visco), TPS non è un politico ma un tecnico. Ha, quindi, ignorato il precetto secondo cui in politica alle provocazioni non si risponde. Ha replicato con una nota stizzita dei suoi uffici.
Non entriamo nel merito della polemica: su L’Occidentale del primo ottobre abbiamo documentato che i conti non tornano e quantificato in prima approssimazione il buco annunciato. Le cifre di Bankitalia (elaborate con una strumentazione molto più raffinata della nostra) non si distanziano da quelle pubblicate poco più di due settimane fa sul nostro “orientamento quotidiano”. Nello scambio di idee (per così dire) la sostanza è meno importante della forma: nelle cancellerie economiche internazionali (che seguono da presso ciò che avviene nel nostro Paese) si è ricevuta l’impressione che non un’Italia ma due , con strategie di finanza pubblica e di politica economica differenti, stiano andando ad un G7 quanto mai complicato. All’ordine del giorno ci sono problemi immediati – quali le conseguenze sui mercati finanziari e sull’economia reale della crisi della finanza strutturata, le regole e le prassi di trasparenza per il settore bancario, la vigilanza su private equità, hedge fund e strumenti analoghi- nonché temi di più lungo periodo – quali il riassetto del Fmi e pure un’eventuale fusione di Fmi e Bm. Di Italia si parlerà poco in quanto all’Ecofin della settimana scorsa il nostro Paese ha avuto quel 18 e quel mezzo sigaro toscano che nessuna commissione di professori di buon cuore rifiuta ad uno studente volenteroso (pur se un po’ discolo). Tuttavia, se la visione di quella che deve essere la strategia di politica economica e di finanza pubblica diverge tanto tra Via Venti Settembre e Via Nazionale da essere giunti a note stizzite, - si chiedono - c’è un’intesa a livello politico-istituzionale sui temi di maggior momento all’ordine del giorno del G7? oppure occorre contare sulla buona volontà dei funzionari delle due istituzioni?

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