domenica 19 agosto 2007

PRODI STUDIA IL METODO PER GOVERNARE

Una bisaccia piena di libri, che non ha potuto studiare nell’ultimo anno tanto preso, come è stato, dalle cure di una coalizione di governo in continua fibrillazione. Romano Prodi li ha scelti con cura (ed ovviamente ascoltando con attenzione i consiglio del fido Ricky Levi). Li ha meditati seriamente pensando alle scadenze autunnali (ed alle difficoltà di condurre serenamente in porto la legge finanziaria e la riforma delle pensioni, e del resto del welfare). Quello che più lo ha fatto pensare è il volume di Paolo Peluffo su Carlo Azeglio Ciampi (“Ciampi- L’Uomo e il Presidente”, ben 532 pagine – diventate nella pubblica amministrazione un must per chi vuole fare carriera e nelle coulisses dei Ministeri lettura d’obbligo per i Sottosegretari che vogliono emergere e per i Ministri che desiderino interloquire con efficacia con Piazza Colonna. Tanto più che il pezzo di copertina è meno di ciò che si paga per una pizza ed una birra.
A Prodi non interessa punto il rapporto personale tra Ciampi e Peluffo, raccontato nei 14 capitoli in cui è articolato il volume, ma cosa si apprende da un documento molto speciale (chiaramente e sinceramente di parte, come lo sono tutte le testimonianze) di un periodo molto difficile della vita economica e politica del Paese. Un periodo, per molti aspetti analogo, a quello che travaglia lui e la sua coalizione da quanto è inquilino di Palazzo Chigi. Il filo conduttore dei capitoli che riguardano Ciampi uomo di Governo (molto differente quello dei capitoli che trattano del suo ruolo come Capo dello Stato) è l’esigenza di avere ciò che in un altro libro, del lontano 1996, l’ex Presidente della Repubblica ha chiamato “un metodo per governare”: concertare ma non consociare. Saranno finezze che si apprendono alla Scuola Normale di Pisa – si chiede Prodi – ma la differenza è tanto fine che, come diceva Petrolini delle catenine d’argento donate a battesimi e cresime, non la si vede proprio. Quindi, affronta le scadenze settembrine con qualche dubbio in più (concertare? consociare?) e tendando di imitare il “metodo Ciampi” (ma senza grandi probabilità di riuscirci).
Cerca, ma non trova, maggior conforto in uno snello libretto della Banca Mondiale Governance Matters Governance Indicators for 1996-200. E’ il World Bank Policy Research Working Paper No. 4280 curato da tra esperti dell’istituto Daniel Kaufmann, Aart Kraay e Massimo Mastruzzi . Lo studio calcola i Worldwide Governance Indicatore per 212 Paese nell’arco di tempo 1996 – 2006 . Lo irrita non poco il fatto che la Slovenia, il Cile, il Botswana, l’ Estonia, Uruguay, la Repubblica Cèca, la Latvia, la Lituania, e la Costa Rica superano in classica l’Italian in terminiu di “governance”. E’ importante – pensa- che il nostro rappresentate in Banca Mondiale insista perché gli indicatori di stabilirà politica contino meno negli indici aggregati di “governance”.
Ove ciò non bastasse , un altro testo portato in vacanza – è il saggio di Mario Coccia, uno studioso italiano da anni di stanza al Max Planck Institute, "A New Taxonomy of Country Performance and Risk Based on Economic and Technological Indicators" apparso nell’ultimo fascicolo del Journal of Applied Economics –Il lavoro analizza, con rigorosi strumenti quantitativi, 51 Paesi sulla base di 13 indicatori al fin di prendere il posto al loro andamento in termini di innovazione tecnologica . Ancora una volta l’Italia è nei livelli bassi. In vista lunghe consultazioni con il Ministro competente, Luigi Nicolais. Senza molte illusioni che abbiano frutti ove non si trovi quel metodo per governare la cui leggerezza pare davvero irresistibile.

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