lunedì 20 agosto 2007

ORA E’ LA BCE A TENERE IN ANSIA LE BORSE

Per comprendere le implicazioni per l’Europa della manovra sul tasso di sconto (e non solo) effettuata negli Usa il 17 agosto, occorre in primo luogo chiarirne la portata per il mercato americano a cui è stata soprattutto diretta. Lo ha chiarito, più autorevolmente di molti altri, il Segretario al Tesoro Usa in persona Hank Paulson che in una lunga intervista a Nina Easton , capo del bureau di Fortune a Washington, si è mostrato molto cauto. Ancora più prudenti i commenti dei columnist del New York Times del 18 agosto. Se gli stessi americani vedono i limiti della manovra, perché entusiasmarci da questa parte dell’Atlantico? E’ banale esultare perché ad un’iniezione di liquidità (diretta all’elemento più fragile, certe operazioni di arbitraggio) la Borsa stappa prosecco. Sarebbe inquietante se al contrario prevalessero gli umori ribassisti.
Da un lato, l’adeguamento del tasso di sconto (che non ha la funzione di tasso direttore nel mercato Usa della moneta) è un puro strumento tecnico (utilizzato per la terza volta in nove anni) per velocizzare i flussi di capitale da operazioni di arbitraggio sui Colleteralized Debt Obligations (Cdo), pacchetti, quindi “derivati”, più o meno complessi in cui crediti difficilmente esigibili vengono ceduti a terzi unitamente a titoli più solidi. Gli arbitraggi sono transazioni istantanee quando le quotazioni di un titolo o di un pacchetto di titoli deviano dai valori fondamentali. Se frenate da “frizioni” (vischiosità sarebbe una tradizione meno tecnica) perdono efficacia; se il loro volume è vasto (in proporzione della capitalizzazione di alcuni mercati) , le “frizioni” creano ritardi nei flussi dei fondi e, quindi, guai.
Da un altro, l’aspetto importante (e meno noto) della manovra del 17 agosto è la definizione di un elenco più ampio (e molto simile a quello della Bce, con cui è stato, in pratica concordato) delle azioni che le banche possono dare a garanzia di anticipi da parte delle autorità monetarie; il tasso di sconto si applica su tali anticipi. Un passo di rilievo sulla via del coordinamento che si è realizzato dopo anni di negoziati. E di cui all’Eurotower di Francoforte si è molto soddisfatti.
Vediamo, con gli strumenti dell’analisi economica, questi due aspetti. In primo luogo, l’esigenza per il mercato Usa degli arbitraggi su “derivati” di una manovra quale quella attuata era stata anticipata diversi mesi fa da Mark Mitchell, Lasse Heje Pedersen e Todd Pulvino (quindi due operatori finanziari ed un accademico) nel saggio "Slow moving capital", disponibile anche in Italia. Il lavoro solleva un punto critico: il dubbio sul paradigma della “ipotesi della efficienza dei mercati” che sviluppato da Paul Samuelson e Eugene Fama negli Anni 60 regge ancor oggi l’economia e la politica finanziaria (e viene insegnato nelle università). Se le “frizioni” (che frenano i flussi da arbitraggi) ricorrono sempre più frequentemente (tanto da richiedere interventi da parte delle autorità monetarie) occorre una riflessione da parte sia del mondo accademico, sia degli operatori sia delle banche centrali sia di organizzazioni come la Bri ed il Fmi.
Da un lato, resta l’interrogativo di cosa farà la Bce, alla riunione del suo Consiglio Direttivo in programma per giovedì 6 settembre all’Eurotower. Dalla fine del 2005 la Bce ha seguito una strategia di aumenti graduali dei tassi (li ha ritoccati all’insù 8 volte portando il proprio tasso direttore al 4%). Era stato programmato un ulteriore aumento ( che avrebbe portato il tasso direttore al 4,25%). A caldo i pochi dirigenti della Bce in questi giorni a Francoforte sostengono che la mossa della Fed sul tasso di sconto riguarda principlamente gli arbitragisti americani (e non sfiora l’Europa). Quindi, il 6 settembre si procederebbe all’aumento. Al tempo stesso, il Presidente della Bundesbank, Axel Weber, un componente non di poco conto del Consiglio Bce, ha indicato, la mattina del 18 agosto, che l’organo collegiale dovrà verificare se l’incremento programmato è ancora “prudente”. Attenzione, non si riferisce tanto al ritocco all’ingiù del tasso di sconto Usa quanto alla frenata segnata dal pil europeo nei primi tre mesi del 2007 ed alle previsione di un rallentamento della crescita nel 2008 (appena sfornate dal consensus forecast- un indice sintetico dei maggiori previsori econometri su base mensile ) mentre lo stesso consensus forecast indica una decelerazione dell’inflazione nell’area dell’euro.
Dalla riapertura dei mercati lunedì 19 agosto alla sera del 5 settembre, teniamo le cinture ben allacciate: le turbolenze, comunque connaturate al mercato, non sono finite.

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