sabato 2 giugno 2007

STOP ALLE STANGATE NEL DPEF IDEALE

E’ stagione di Dpef: Prodi ha confermato che il documento verrà presentato il 28 giugno e ribadito che sarà “serio” ed esprimerà politiche “serie” che verranno attuate “seriamente”. L’aggettivo qualificativo “serio” (ed il suo avverbio), declinati in vari modi dal Professore, sono diventati un po’ un ritornello che, come tutti i ritornelli, ha cominciato a stancare gli italiani.
Sarà difficile essere “seri” nella prima parte del Dpef – quella che raffronta risultati con obiettivi. La lettura sarà verosimilmente “triste” per gli italiani ed “imbarazzante” per l’Esecutivo. Gli esiti quantitativi (la riduzione dell’indebitamento della Pa, ossia del deficit annuo dei conti pubblici) sono avvenuti a ragione di una stretta fiscale che, secondo l’Ocse, ha fatto diventare l’Italia il Paese con la pressione tributaria più alta al mondo e, secondo l’Istat, ha contribuito ad impoverire le famiglie- già aggravate dal rallentamento della crescita economica in gran imputabile, secondo la Banca d’Italia, dall’aumento di sette punti percentuali del torchio avvenuto tra il 1992 ed il 1999.
Gli aspetti strutturali di politica economica indicati nel Dpef non sono stati neanche sfiorati. Il documento del 7 luglio 2006 (firmato da Prodi e Padoa-Schioppa e consultabile on line) individuava quattro aree: pensioni, ammodernamento Pa, sanità, finanza locale. Per la previdenza si sarebbe dovuti arrivare ad una riforma entro e non oltre il 30 marzo. Ora si parla di 30 giugno, ma probabilmente non se ne farà niente: entrerà in vigore la legge Maroni del 2004 con lo “scalone” e non avverrà l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione (i parametri per trasformare in annualità, e quindi in assegni mensili, il montante dei contributi accumulati). Per la Pa si sono fatti addirittura passi indietro : non è stata introdotta la meritocrazia negli uffici e la formazione è nel caos a ragione di una proposta nei confronti della quale pendono ricorsi delle Regioni alla Corte Costituzionale ed i sindacati sono in subbuglio. In tema di sanità e di finanza locale, l’unica passo sono gli incrementi (non graditi) delle addizionali delle imposte regionali.
A fronte di questi risultati (e di un quadro macroeconomico ogni giorno meno incoraggiante perché la Germania ha rallentato il tiro e in giugno la Bce aumenterà i tassi), Prodi & Co hanno una unica soluzione: ammettere débâcle (disfatta) in termini degli obiettivi e delle politiche annunciate l’anno scorso. E puntare su un obiettivo solo : la famiglia (ed il miglioramento) del suo tenore di vita e potere d’acquisto. Ciò vuole dire, in primo luogo, un riassetto del fisco, introducendo il “quoziente familiare”: una proposta puntuale, quantizzata e testata su 10 milioni di dichiarazioni dei redditi, è stata messa a punto da Luigi Campiglio e Tatiana Oneta (nessuno dei due è collaterale all’attuale opposizione) e può essere letta al sito http://docenti.unicatt.it. I calcoli concludono che le famiglie avrebbero un sollievo fiscale consistente, senza che ci sia una caduta di entrate. Indubbiamente, le stime sono fatte su famiglie regolari e non tengono conto di unioni di fatto. Il “quoziente” potrebbe non piacere a quella parte della maggioranza che prevede altre tipologie di famiglia. Per essere “seri”, però, non si deve piacere a tutti. Altrimenti si diventa un Groucho Max della politica.
In secondo luogo, una politica per la famiglia necessita una strategia di crescita economica. Ciò significa non solo evitare nuove stangate (sia statali sia regionali sia comunali) ma porsi sulla strada delle riduzione della spesa pubblica e , di converso, del carico fiscale. Sarebbe una politica davvero “seria”: lo scriveva poco più di dieci anni fa Pierluigi Ciocca, allora Vice Direttore Generale della Banca d’Italia ed oggi Professore di storia economica. Non certo vicino al centro-destra; Prodi lo chiamerebbe “persona seria”. Che lo ascolti. “Seriamente”. Anche il quanto il Vice Ministro Visco ha, in questi giorni, altre grilli in testa.

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