sabato 2 giugno 2007

LAVORARE DI PIU' LAVORARE TUTTI

Rilette a qualche giorno di distanza da quello dell’Assemblea della Banca d’Itala, le “considerazioni finali” del Governatore Mario Draghi mostrano un filo conduttore molto cogente di quanto apparso nei commenti a caldo su questo o su quell’aspetto dell’intervento. Il lei motiv consiste in una serie di indicazioni su come dare la sveglia ad un’Italia che, nonostante la ripresa in atto, rischia di arretrare rispetto agli altri partner europei ed atlantici: siamo ancora il fanalino di coda del convoglio Ocse. Per mera coincidenza, il giorno prima, il 30 maggio, l’associazione Società Libera presentava il Quinto Rapporto Annuale sulle Liberalizzazione in cui si trattavano tempi analoghi e si prospettavano ricette simili. Solo una diecina di giorni prima, il 22 maggio, veniva presentato il libro di Roberto Petrini L’economia della pigrizia – Inchiesta sul vizio italiano – che non pretendeva certo di avere lo spessore dei lavori del servizio studi Bankitalia (sottostante analitico delle considerazioni di Draghi) o del comitato scientifico di Società Libera . E’, però, un’utile lettura , anche per chi non è esperto di economia, al fine di afferrare le determinanti principali del “declino”, vero o supposto, dell’ultimo decennio ed i possibili rimedi. Qualche tempo fa, ricordiamolo, Giuseppe De Rita parlò di Italia a “batterie scariche”.
Nell’estate 2004, il Premio Nobel Edward Prescott ha dato a molti una scossa con uno studio in cui argomentava, dati alla mano, che gli americani lavorano ogni anno il 50% di più mediamente. Gli italiani non brillavano nel complesso del continente vecchio. Il sasso è stato gettato ma pochi hanno raccolto la sfida; già nell’autunno 2004 non se ne parlava quasi più. Con un altro saggio (quasi ignorato in Italia) Prescott è tornato sul tema ed individuato nelle alta pressione fiscale una delle determinanti delle poche ore di lavoro e della scarsa produttività multifattoriale. Un’anali della Banca centrale europea (l’Occasional Paper n.41) è giunto a dati quantitativi analisi a quelli di Prescott (per il periodo 1970-2004)ma a conclusioni alla Ponzio Pilato: se gli europei vogliono lavorare poco, la facciano (ma si contentino di fare passi indietro rispetto agli altri). Tuttavia, non sembra che il lavorare poco sia fonte di gioia: un’analisi empirica condotta dal Fondo monetario e dall’Istituto tedesco di studi sul lavoro sull’esperienza francese di orari settimanali di 35 ore afferma che tale vincolo “blocca le scelte” di molti, che sono emigrati da grandi a piccole imprese (dove le 35 ore) vengono applicate in modo lasco o non vengono attuate per nulla.
Per dare la sveglia all’Italia pigra (e riacquistare produttività e competitività) la strada maestra passa per un motto che sembra l’opposto di quanto predicato dalla sinistra negli Anni 70 ed 80 (ed ancora accarezzato da molte componenti dell’Unione): lavorare di più (non meno) per lavorare tutti. E’ in questo contesto che la proposta (evocata da Draghi) di meditare sull’età di pensionamento legale acquista una sua centralità non solo ai fini della sostenibilità della spesa previdenziale ma allo scopo di giungere ad una più lunga vita lavorativa con maggiori ore di lavoro (e più occupazione, e, dunque, più benessere) per tutti. Un’analisi fresca di stampa della Università di Groningen (pubblicata in questi giorni dal Cesifo , uno dei principali pensatoi di ricerca europei come working paper n. 1974) chiama istituti simili alle pensioni di anzianità e le varie forme di pensionamento precoce “una trappola” sia per i lavoratori che ci cascano (ed a cui si prospetta una lunga vecchiaia in indigenza) sia per i Paesi che le applicano (uno scivolo verso il declino). Di trappole di questa natura (ad esempio, l’accanimento terapeutico nei confronti dell’Alitalia, il ritorno alla grande dei bojardi di Stato, l’accantonamento dei maggiori programmi di infrastrutture) è pieno il programma che sta tentando di realizzare il Governo Prodi. Invece della sveglia, l’Italia rischia ancora qualche anno di cloroformio.

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