sabato 23 giugno 2007

DI PIETRO FA I CONTI CON LOBBY E INFRASTRUTTURE

Tempi difficili per il Ministro dei Lavori Pubblici Antonio Di Pietro: da un lato, quando si comincia a parlare di tagli alla spesa pubblica (come avviene in tempi di Dpef e di preparazione della legge finanziaria), gli investimenti in conto capitale sono i primi a finire sotto la scure; da un altro, in Italia spira aria di nuova ondata di corruzione (che si annida spesso nelle infrastrutture).
Con l’aiuto dei suoi collaboratori, ha individuato uno studio dell’Observatoire Français des Conjuctures Economique (il documento di lavoro N. 2006-10) in cui Jerôme Creel e Gwanelle Poilon esaminano se ed in che misura le spese pubbliche in conto capitale sono produttive in Europa. La metodologia è interessante: viene utilizzato un modello Var (value at risk) , di solito applicato ai titoli mobiliari, per stimare gli effetti degli investimenti pubblici in Francia, Italia, Germania, Regno Unito e Usa , una rassegna dei rendimenti in sei Paesi europei (Austria, Belgio, Francia, Italia ed Olanda) ed una tecnica analoga per le regioni francesi. La conclusione dei tre approcci è che l’investimento pubblico è una determinante importante per la crescita dell’output (anche se i coefficienti stimati sono inferiori a quelli ipotizzati nella letteratura). Creel e Poilon soprattutto spezzano una lancia per esentare la spesa in conto capitale dai rigori del patto di stabilità. Musica per gli orecchi del Ministro (che ne invia copia al collega Padoa-Schioppa).
Una conferma indiretta è uno studio di Jane O. Ebinger nel World Bank Policiy Research Paper n. 3992. L’analisi misura i risultati finanziari dei rendimenti degli investimenti in infrastruttura in Europa ed Asia centrale tramite un modello per quantizzare i “costi nascosti” (ad esempio tariffe e canoni non pagati, acquedotti colabrodo) . Tale strumento piace a Di Pietro (che ne informa il Ministro per gli Affari Regionali Linda Lanzillotta, impegna in una legge quadro per la privatizzazione dei servizi pubblici locali). Se tali “costi nascosti” uscissero allo scoperto, si toccherebbe davvero con mano che spendere in lavori pubblici è saggio e giusto.
Lo raffredda un saggio di Alfredo Del Monte ed Erasmo Papagni della Università di Napoli in corso di pubblicazione sull’European Journal of Political Economy. Lo studio analizza le determinanti della corruzione in Italia nel periodo 1963-2001 utilizzando statistiche sui reati contro la pubblica amministrazione disaggregate a livello regionale. Le stime mostrano che variabili economiche (alto livello della spesa pubblica) e politico-culturali (partiti, associazioni volontarie, assenteismo) sono all’origine di un fenomeno molto radicato. Le conclusioni lasciano poche speranze.
Soltanto in Italia? Raymond Fisman della Columbia University e Roberta Gatti della Banca Mondiale nel Cepr Discussion Paper N. 5712 costruiscono un modello da cui si deriva che in tutto il mondo il tempo speso con la burocrazia è positivamente correlato con le mazzette: viene inviato al Ministro dell’Innovazione Luigi Nicolais perché dia una sveglia al gruppo di lavoro sulla semplificazione. Nel Cepr Discussion Paper N. 5717, Hans Gersbach e Markus Muller del calvinista Istituto Svizzero per la Tecnologia dimostrano (con un nuovo modello matematico) che i meccanismi elettorali contano in materia di diffusione della corruzione molto più delle spese per opere pubbliche. Infine, utilizzando dati relativi a 4000 imprese in 25 Paesi in transizione dal piano al mercato, Nauro F. Campos (dell’Università del Michigan) e Francesco Giovannoni (dell’Università di Bristol) concludono, nell’Iza Discussion Paper n. 2313 che la corruzione ed il lobbismo si sostituiscono l’una all’altro: dove c’è un sistema efficiente di lobby la corruzione è contenuta, è invece vasta e spessa dove gli interessi (anche legittimi) devono passare per la porta di servizio. Le lobby, inoltre, sarebbero più efficaci della corruzione per avere influenza politica (pure in Paesi in via di sviluppo). La loro qualità dipende dalle dimensioni e maturità delle imprese. Un invito, quindi, a potenziare il lobbismo. Che lascia sconsolato il Ministro.

Ex Libris

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