mercoledì 27 giugno 2007

BERNANKE ALLE PRESE COL PARTITO DEI RIALZISTI

Occhi puntati su Ben Bernanke. Oggi il Comitato per le Operazioni sul mercato aperto della Federal Reserve si riunisce per deciderà se mantenere il tasso di riferimento, il Federal fund rate(Ffr), invariato al 5,25% l’anno oppure modificarlo. All’ultima conta, le probabilità di un ribasso vengono date ad un mero 5%. Aumentano, invece, le probabilità di un ritocco all’insù (anche se sono ancora al di sotto del 30%) specialmente dopo gli aumenti dei tassi decretati dalla Banca centrale svizzera la settimana scorsa. Cosa potrebbe spingere la Fed al rialzo? E quali gli effetti? Nell’edificio in stile tardo-fascista di Constitution Ave., N.W., dove ha sede l’autorità monetaria Usa, il doppio deficit ( del bilancio federale e dei conti con l’estero Usa) sta sprigionando umori restrittivi. Una ricostruzione accurate delle poste è stata fatta dal Cato Instituto e dal Dipartimento del Tesoro Usa e pubblicata nell’ultimo numero del Financial Analyst Journal : Jagadeesh Gokhale (Cato) e Kent Smetters (Tesoro) stimano (al 31 dicembre 2006) lo stock di debito federale Usa in 64 milioni di miliardi di dollari Usa e il disavanzo federale in 2,4 milioni di miliardi. Sono cifre mai raggiunte e tali da fare paura ai mercati.
Più articolato uno studio proprio della Federal Reserve (International Financial Discussion Paper N. 892): sulla base di dati degli ultimi 35 anni esamina episodi in cui la bilancia commerciale è peggiorata ed episodi di aggiustamento (per rimettere i conti a posto). Questi ultimi sono stati relativamente “benigni”, anche se hanno, di solito, comportato un aumento dei tassi , un rallentamento nell’edilizia residenziale ed un incremento dell’inflazione. un saggio nell’ultimo fascicolo dell'Oxford Bulletin of Economics and Statistics, analizza la “unicità” del Ffr: mentre gli altri tassi (d’interesse) contengono un numero limitato di informazioni , lo Ffr è un indicatore pregnante e frequente di dove va la politica monetaria Usa ed influenza anche il resto del mondo. Altro elemento che spinge la Fed verso un aumento dei tassi è l’andamento dei prezzi: l’indice di base dei prezzi al consumo cresce ad un mero 2,5% l’anno se non si tiene conto dei generi alimentari e del petrolio ma al 4,3% l’anno se queste due poste (ad alta volatilità) vengono incluse nel computo.
Interessante vedere le prospettive dal resto del mondo, in primo luogo dall’Asia. Un’analisi di Yin-Wong Cheung (Università della California a Santa Cruz) e Dickson-Tam e Matthew You (ambedue dell’ autorità monetaria di Hong Kong) si chiedono se il tasso d’interesse nella Repubblica Popolare seguirà i movimenti del Ffr: sulla base di un’analisi empirica degli andamenti negli ultimi tre lustri, la conclusione è che l’effetto è molto debole, nonostante il Renmimbi cinese sia agganciato al dollaro Usa; anzi, una serie di test statistici documentano che la situazione non muterebbe anche ove la Cina adottasse una politica di cambio flessibile .
Più complesso il caso del Giappone. Un’analisi di Yosuke Sandy Hall e Suk –Joong Kim (da molti all’Universita del New South Wales in Australia) conclude che molto dipende dalla misura in cui un eventuale ritocco dei tassi rimbombi sulla Borsa di Tokyo poiché lo studio degli interventi sul mercato della Bank of Japan del marzo 1991 al marzo 1994 suggeriscono che sono “controvento” ossia cercano di controbilanciare i monumenti quotidiani dell’azionario.
E l’Europa?. Un aumento del Ffr potrebbe dare man forte al partito rialzista in seno alla Bce con implicazioni che potrebbero variare nello spread tra Paese e Paese: lo conferma un’analisi proprio del servizio studi dell’Eurotower (Ecb Working Paper N. 745) che in questi giorni di preparazione del Dpef sta ricevendo molta attenzione nei Palazzi romani. Anche per questa ragione, “la banda dei quattro” (come vengono chiamati a Palazzo Chigi i Ministri che hanno inviato la settimana scorsa una lettera a Prodi in cui chiedevano un aumento non una riduzione della spesa pubblica) si sono scagliati, per bocca del Ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero contro il Presidente della Bce Jean-Claude Trichet.

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