giovedì 24 maggio 2007

TESORETTO IN FUMO, DPEF NELLA NEBBIA

Il Presidente del Consiglio Romano Prodi ha confermato che il Dpef verrà presentato il 28 giugno , alla vigilia della Festa di Santi Pietro e Paolo (Patroni di Roma) ed in linea con le scadenze ufficiali (nel 2007 il termine perentorio del 30 giugno cade di sabato). Ci sarà poco da festeggiare. Specialmente se il Ministro dell’Interno Giuliano Amato fa avere a Romano Prodi & soci una copia del suo libro “Due anni al Tesoro” in cui si illustra non solo come predisporre un Dpef , ma anche quali devono essere le sue caratteristiche essenziali. In primo luogo, il documento deve analizzare gli esiti raggiunti rispetto agli obiettivi e alle problematiche di fondo proposti nel Dpef dell’anno precedente. In secondo luogo, deve delineare obiettivi e proposte del Governo per i tre anni successivi. Il nesso tra la prima e la seconda parte non viene presentata nel Dpef ma è il lavoro di selezione delle richieste dei vari dicasteri – un lavoro che viene svolto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e, se del caso, dalla Presidenza del Consiglio nella veste di mediatore. Tutto il resto sono abbellimenti, interessanti per gli studiosi di politica economica, ma hanno poco a che vedere con i due aspetti fondanti del nocciolo duro del Dpef.Prodi & Co sono in difficoltà sia sulla prima sia sulla seconda parte di tale nocciolo duro. A questo argomento, e non tanto al presunto “tesoretto”, è stato dedicato il minivertice tenuto a Palazzo Chigi domenica 20 maggio. In primo luogo, hanno poco o nulla da mostrare a proposito dei risultati nelle aree indicate nel Dpef dello scorso anno come cruciali per il riassetto e di finanza pubblica e di economia reale: pensioni, ammodernamento Pa, sanità, finanza locale che , secondo il Dpef del 7 luglio 2006, sarebbero stati il cuore del ddl sul bilancio annuale e pluriennale dello Stato (in gergo la finanziaria) il 30 settembre 2006. In effetti – come sappiamo – la finanziaria non ha neanche sfiorato questi temi centrali del Dpef. La manovra di aggiustamento di 39 miliardi di euro, ha riguardato per 15 miliardi aumenti di imposizione tributaria per ridurre l’indebitamento netto della Pa (in gergo il deficit) e per il resto altri aumenti tributari a fini redistributivi. Nell’aggiornamento del Dpef presentato all’inizio di settembre – è vero – si sottolineava che le quattro tematiche sarebbero state affrontate in via prioritaria in parallelo con l’iter della finanziaria ed in consultazione con le parti sociali e con le Regioni. In alcuni casi (il più rilevante è la previdenza) sono stati definiti anche termini perentori (entro la fine del mese di marzo).
Il quadro, però, è almeno imbarazzante. Per la previdenza siamo in alto mare: il Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa (TPS) ha sottolineato che o si giunge ad un accordo per una riforma adeguata entro il 30 giugno o entra in vigore la legge Maroni del 2004 con lo “scalone”, tanto deprecato dai sindacati; in effetti, le previsioni (e della Ragioneria Generale e del Ministero del Lavoro e delle istituzioni internazionali, come Commissione Europea, Ocse e Fmi) mostrano a tutto tondo che lo “scalone” non basta più: occorre anche rivedere i coefficienti di trasformazione (i parametri per trasformare in annualità, e quindi in assegni mensili, il montante dei contributi accumulati). In termini di ammodernamento della Pa si sono fatti passi indietro : non è chiaro se si sono o non si sono presi impegni cogenti in materia di contratti per gli statali (gli ormai famosi 101 euro al mese) , ma è certo che nulla si è fatto per il miglioramento degli uffici (meritocrazia e simili) e , in aggiunta, la formazione per la Pa è nel caos a ragione di una proposta (che non si sa se recepita o meno dal Governo) e dei ricorsi alla Corte Costituzionale presentati da alcune Regioni. In materia di sanità e di finanza locale, si possono mostrare solo gli incrementi delle addizionali delle imposte regionali – di cui nessun Governo si vuole vantare. Quindi sul raffronto tra obiettivi e risultati , solo timori. Quelli di fare sapere quanto non si è fatto ed i danni causati dal poco comunque realizzato (formazione, addizionali).
Il quadro macro-economico per il breve termine, poi, non è incoraggiante. Nel 2006 e nel 2007, la crescita italiana è stata al traino della Germania, che, secondo le previsioni dei 20 maggiori centri economici internazionali (sul tavolo di Palazzo Chigi il 20 maggio) ora tirerà meno: per il 2008 il pil tedesco aumenterebbe del 2% circa e quello italiano dell’1,5% - all’ultima conta la produzione industriale tedesca è cresciuta del 7,7% su 12 mesi e quella italiana dell’1,6%. In secondo luogo , il fallimento del negoziato Omc sugli scambi minaccia difficoltà per le quattro “A” dell’export italiano (Abbigliamento, Alimentazione, Arredamento, Automazione).
Andiamo adesso alle prospettive per il futuro. Secondo le quantizzazioni degli economisti di la voce.info (non certo collaterali all’opposizione) se si prendesse come indicatore le richieste presentate da Ministri e Ministeri a valere sul presunto “tesoretto” non basterebbero 25 di miliardi di euro. Ci verrebbe, quindi, un’altra maxistangata per dare corpo a quelle di queste richieste fatte proprie da Prodi & Co. In questi ultimi giorni di campagna elettorale per le amministrative: i) sostegno alle pensioni più basse, precari e ammortizzatori sociali, ii) sostegno alle famiglie a basso reddito, iii) piano casa, iv) innovazione e ricerca, v) infrastrutture. Inoltre anche se negli ultimi mesi è continuato il buon andamento delle entrate (frutto dei provvedimenti della XIV legislatura) , le uscite avanzano ad un ritmo ancora più baldanzoso come indicato dall’andamento delle necessità di cassa di via XX Settembre - nei primi quatto mesi del 2007 il fabbisogno del settore statale è stato addirittura superiore a quello registrato nei primi quattro mesi del 2006. Proseguendo di questo passo si va verso un aumento e di deficit annuale e di stock di debito . Da qui, i tremori. Nello ossa di Prodi & Co.

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