mercoledì 9 maggio 2007

ICI E CATASTO: LA BATOSTA SULLA CASA

“Never say never”- “Non dire mai giammai”. Questo era il titolo di un film di James Bond del lontano 1965, che ebbe tanto successo da essere prodotto una seconda volta nel 1983 (sempre con Sean Connary in uno dei ruoli principali, ma con una nuova casacca a ragione del passaggio degli anni e quindi del differenziale di età). Romano Prodi se lo dovrebbe ricordare, anche se preferisce le serate di parapsicologia a quelle al cinema. Ha appena detto che non avrebbe più orchestrato una finanziaria di “lacrime e sangue” , caratterizzata da forti aumenti dell’imposizione (che ha colpito principalmente i ceti medio bassi) ed annuncia un nuovo salasso sulle famiglie (ancora una volta specialmente sui ceti che hanno come unico bene di consumo durevole e, al tempo stesso, di investimento la propria casa). La annuncia in modo un po’ contorto, come ha fatto per reintrodurre quella imposta di successione che quasi tutto il mondo ha abrogato (e che adesso anche la Francia di Sarkozy si appresta a cancellare). Allora è ricorso principalmente a ritocchi della imposta di registro. Adesso, lo strumento è la revisione delle valutazioni catastali – da cui consegue un forte aumento dell’Ici e di tutta l’imposizione collegata ai trasferimenti di immobili tra persone fisiche e tra persone giuridiche.
Ci sono aspetti tecnici complessi. In breve, le aliquote Ici (e del resto dell’imposizione immobiliare) sono state stabilite sulla base dell’ipotesi (allora realistica) che i catasti gestiti dai Comuni erano e sarebbero rimasti in un caos tale da rendere difficile l’aggiornamento periodico delle stime di valore degli immobili e relative rendite (attuali o potenziali). Tale ipotesi – affermano gli esperti di Prodi – adesso non è più vera grazie alla digitalizzazione dei dati catastali. E’ verosimile che molti piccoli comuni (degli 8000 esistenti) siano ancora distanti dalla digitalizzazione (ma i più piccoli possono fare gli aggiornamenti a mano e comunque, nell’aggregato, pesano poco). E’, però, una realtà che la tecnologia è venuta in aiuto anche agli uffici più scassati (ad esempio, quelli del Comune di Roma che non hanno ancora esaurito le pratiche per il condono edilizio del 1986). La tecnologia – ci ricorda un bel libro di Luigi Fenizi- ha fatto sì che il Novecento passa essere chiamato “il secolo crudele” perché ha reso possibili i gulag comunisti ed i lager nazisti. La tecnologia può pure essere lo strumento per trasferire somme enormi dalle famiglie al fisco tramite la tassazione di un patrimonio che , lo si ripete, è sovente il principale bene di consumo durevole per le famiglie.
Per afferrare il significato dell’operazione sulla società è errato basarsi sulle stime (peraltro tutte approssimative ) che circolano in questi giorni (ed ancor meno su quelle in cui si progettano detrazioni o deduzioni per fare meglio ingoiare la pillola). Si colpisce al cuore delle famiglie. Prodi dovrebbe leggere e meditare l’ultimo saggio di due economisti di rango come Alberto Alesina e Paola Giuliano “The Power of Family” appena pubblicato come Harvard Institute of Economic Research Discussion N. 2132. Nel lavoro rigorosamente quantitativo e comparativo (copre 70 Paesi) si individua i legami familiari (ed il “focolare familiare” in cui si formano) come la determinante di base per la produzione di beni sociali, per una più alta partecipazione nella forza lavoro da parte specialmente dei giovani e delle donne, della mobilità anche geografica . “I nostri risultati – concludono – indicano un’influenza significativa della forza dei legami familiari sui risultati economici”. Ma è in tutt’altre faccende affaccendato.

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