lunedì 7 maggio 2007

GENTILONI STUDIA LE NUOVE STRADE DELL’ETERE

Chi insegnava alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma nel periodo a cavallo tra gli Anni 60 e gli Anni 70, ricorda che Paolo Gentiloni, ora Ministro delle Comunicazioni, era particolarmente versato in materie con un contenuto astratto e un po’ filosofico. Come “storia delle dottrine politiche”. Ed in effetti è stato l’afflato filosofico a dargli carica e fargli tenere saldo il timone da Assessore per il Giubileo. Ora è circondato da ingegneri e tecnologi – la tecnocrazia imperante nel mondo delle comunicazione in una fase così delicata come quella della transizione da televisione analogica a digitale terrestre. Quindi, mentre il disegno di legge che porta il suo nome ha iniziato quello che sembra essere un lungo viaggio in Parlamento, Gentiloni indirizza le proprie letture verso la filosofia dei media, in generale e della Tv in particolare.
La ho interessato un lavoro proveniente della Università dell’East Anglia e pubblicato nell’autorevole rivista “Kiklos”,“Cross Country Differences in Trust in Television and the Governance of Public Broadcasters" (“Differenze tra Paesi in tema di fiducia nella televisione e la gestione della televisione pubblica”) di Sara Connolly e Shaun P. Hargreaves Hep . Il lavoro compara la situazione in diversi Paesi europei, tutti caratterizzati da una forte presenza della proprietà pubblica (non solo della regolamentazione del settore da parte dello Stato o da varie authority). L’analisi, rigorosamente quantitativa, conclude che il grado di indipendenza dai Governi pro-tempore è la determinante principale del grado di fiducia di cui gode la televisione presso l’opinione pubblica- e, quindi, anche presso l’elettorato. Tale grado di fiducia è importante non solo poiché la televisione ha un’incidenza speciale sulla politica ma anche è soprattutto perché rispecchia il grado di fiducia dei cittadini nelle istituzioni che maggiormente contribuiscono (o dovrebbero contribuire) al benessere degli individui.
Implicitamente ad una conclusione analoga giunge Marving Kalb della John F. Kennedy School of Government della Università di Harvard nel saggio , ancora inedito ma di Gentiloni cui ha avuto un esemplare a diffusione limitata “The Israeli-Hezbollah War of 2006: The Media as a Weapon in Asymmetrical Conflict" (“La guerra Israele-Hezbollah: i media come un’arma in un conflitto asimmetrico”). Non è un lavoro quantitativo (zeppo di equazioni e algoritmi), ma socio-economico più vicino quindi alla sua formazione. E’ una “content analyis” basata su una disanima di stampa e televisione nel conflitto. Indica il percorso seguito dai media per passare da osservatori a strumento, molto moderno, di guerra. Lo studio sostiene anche che una società aperta, come Israele, è svantaggiata perché un gruppo molto chiuso, come gli Hezbollah, riescono a mantenere controllo totale sui messaggi che , tramite anche semplici notizie, filtrano ai media (pure a quelli non necessariamente a loro affini).
E’ entrando nel campo dell’economia (e della finanza) che i nessi tra i media ed il resto del mondo meglio si avvertono. José Gozalo Ranger delle Stern School of Business della New York University li sviscera in “News, Announcements, and Stock Market Volatility Dynamics" (“Notizie, annunci e la dinamica della volatilità della Borsa”) , un lavoro molto tecnico, in uscita in primavera avanzata. Il succo dell’alta matematica applicata è che gli annunci sono più importanti delle notizie (nell’incidere sulla volatilità del mercato azionario) , che i dati più importanti (in termini di effetti sulla Borsa) sono quelli relativi all’occupazione ma che quelle sull’inflazione sono le statistiche che hanno implicazioni più durature. Un test condotto da Meredith Beechey e Jonathan Reserve Board "Rounding and the Impact of News: A Simple Test of Market Rationality" (“Arrotondamenti e l’impatto delle notizie: un test semplice di razionalità del mercato”). Nel caso dell’inflazione , ad esempio, il mercato pare ignorare i decimali , specialmente quando si è alle prese con l’andamento dell’indice del costo della vita.

Nessun commento: